LEONARDO RASPINI - TENUTA ARGENTIERA 0

LEONARDO RASPINI – TENUTA ARGENTIERA

Ricordo ancora con grande emozione la giornata che ho passato con Leonardo Raspini a Bolgheri, presso Tenuta Argentiera – di cui Leonardo è direttore generale. Leonardo ha studiato agronomia e come primo approccio mi ha guidato per le vigne della Tenuta, un modo non solo di presentare l’Azienda ma di sottolineare l’imprescindibile importanza del lavoro della terra prima di tutto il resto. I vini di Tenuta Argentiera si stanno facendo apprezzare sempre di più, grazie al lavoro di Leonardo e dei collaboratori della Tenuta, tra cui l’enologo interno Nicolò Carrara. 

Leonardo ha diretto Ornellaia dal 2001 al 2014 prima di passare alla direzione di Cecchi ed è di nuovo tornato a Bolgheri da Tenuta Argentiera nel 2019. La preparazione tecnica, l’umiltà e la straordinaria gentilezza ne completano la figura.

Ho pensato di scambiare qualche parola con Leonardo sul presente e sul futuro di Tenuta Argentiera e della denominazione Bolgheri. Buona lettura.

IBT: Ciao Leonardo e benvenuto sulle pagine di IoBevoTanto. Ho ancora in memoria il nostro incontro di qualche mese fa, iniziato con un ampio giro in vigna e ne approfitto per la prima domanda: perché ti piace così tanto la vigna. 

LR: Perché la vigna è il luogo dove natura e lavoro si incontrano per produrre un bene che è espressione di spazio e tempo. 

IBT: Come è nata la tua passione per il vino? È partito tutto dal vino o dal lavoro nel mondo del vino?

LR: Sono Agronomo con un background dedicato alla difesa dell’ambiente. Mi sono avvicinato quindi a questo mestiere perché volevo avere un ruolo diretto, pratico nella salvaguardia di esso. Vivendo in Toscana ed essendo permeato della mia terra, è stato naturale avvicinarmi a questo prodotto.

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IBT: Hai lavorato per Ornellaia, un gigante a Bolgheri e in Italia: quali sono i tuoi ricordi dell’azienda?

LR: Ho diretto Ornellaia per 15 anni, passando attraverso le diverse fasi in cui questa azienda è diventata un brand riconosciuto nel mondo. Quindi i ricordi sono molteplici e sono legati alle persone che ti accompagnano in questo tipo di cammino. Nel mio caso sono state davvero tante! Il passaggio dell’azienda fra Ludovico Antinori e la Robert Mondavi, la famiglia Frescobaldi, Giovanni Geddes come Amministratore Delegato e poi Thomas Duroux, Axel Heinz, Olga Fusari, enologi e amici, ma sono tantissimi i nomi e i visi ai quali io ho cercato di trasmettere qualcosa e a loro volta hanno trasmesso alla mia professione tutto ciò che oggi mi porto dietro. Il ricordo più profondo è quello di aver contribuito alla realizzazione del progetto Ornellaia che nel 2001 mi fu presentato come il mio obiettivo ed essermi accorto che dopo 15 anni era pienamente raggiunto: sono orgoglioso di averlo fatto lasciando poi l’azienda capace di continuare a fare anche meglio.

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IBT: Cosa ti sei portato dietro, parlando di esperienza, nel tuo nuovo cammino con Tenuta Argentiera? 

LR: Prima di tutto la conoscenza del territorio di Bolgheri che per me era importante avendolo già vissuta nella mia passione per la natura dell’Oasi del WWF di Bolgheri ma soprattutto ho capito qual è il diretto coinvolgimento di un tecnico agronomo come me nello sviluppo di un brand, il legame fra la qualità del vino e la qualità della comunicazione. E per far questo occorre passione per il luogo e Argentiera  è un LUOGO  per eccellenza. La formazione tecnica agronomica mi porta ad avere una preparazione, devo avere un grande feeling con il luogo in cui lavoro per poter poi agire nella gestione manageriale e per agire sulle situazioni commerciali ed economiche. Non esistono aziende che non fanno sviluppo, e questo sviluppo deve essere mediato da una marginalità che consenta di fare ulteriore sviluppo.

Mecenati che investono in aziende – spinti magari dall’entusiasmo di avere un bel patrimonio in mano – ma senza un margine che permetta di fare gli investimenti necessari, non credo che siano una buona soluzione per avere un respiro sano, anche nell’ottica del territorio, non solo della Cantina.

Le quattro grandi fasi di un’azienda sono legate ad aspetti tecnici, agronomici-enologici, amministrativi e promozionali, e il mio ruolo è di essere centrale in questo sottile equilibrio.

Oggi Tenuta Argentiera vuole passare da 75 ettari in produzione (80 con quelli che stiamo rinnovando) ai 90/100 ettari globali, e ciò avverrà nei prossimi 10 anni, valutando consistentemente gli impianti fatti dalla nascita dell’azienda. Dobbiamo dunque fare operazioni di recupero produttivo nei vigneti afflitti da mal dell’esca – una malattia che chi cura il cabernet conosce bene. Un terzo dei vigneti – le cosiddette vecchie vigne – è dedicato al fulcro di Argentiera, un terzo di vigneti più giovani per il futuro di Argentiera, e un terzo di vigneti verrà rinnovato in breve tempo, con una produzione dunque più giovane e dal respiro più vivace, magari da destinare al Poggio ai Ginepri rosso: una distinzione tra questi vigneti che mi porto dietro dalla zona del Chianti Classico. Nel contempo Villa Donoratico avrà una zona di produzione dedicata e vogliamo fare uno sforzo intenso nei confronti di questo vino, per non relegarlo a semplice secondo vino ma per portarlo ad essere qualcosa di importante, dal grande respiro.

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IBT: Il vino di Bolgheri ha avuto una grande crescita qualitativa negli ultimi 3/5 anni: pensi che tutto ciò si debba alla capacità tecnica di chi lo fa – con maggiore esperienza oggi rispetto a 25 anni fa – oppure che tutto sia dovuto alle vigne che si stanno evolvendo, avendo raggiunto i venti/venticinque anni di età?

LR: Credo che sia un mix, ma penso che il contributo dell’età dei vigneti sia fondamentale. L’età media delle vigne bolgheresi si è alzata dal 2018 di 14 anni a oggi 16 anni, passando soltanto tre anni dalle due misurazioni. Non stiamo parlando di un cambiamento epocale, ma è un primo segnale positivo, così come la percentuale di guyot rispetto al cordone speronato è più forte. Il Cabernet Franc aumenta la propria percentuale passando da 158 ettari a 244 ettari: un balzo importante. Crescendo anche il Merlot, gran parte della forza verso cui è indirizzato il viticoltore bolgherese è dunque su questi vitigni. La Denominazione è dunque più matura.

Il Cabernet Franc ha ottimi risultati anche su vini più giovani, più freschi, che si aprono velocemente al naso, non è un’uva destinata solo ai grandi vini da invecchiamento. É un vitigno che ha dunque una doppia funzionalità. Da quando sono in zona ho sempre pensato al taglio bolgherese in cui il naso iniziale è del merlot, ma subito dopo arriva il cabernet franc che fa da ponte aromatico tra merlot e cabernet sauvignon, che è oggi la varietà principale con un terzo degli ettari. Dove il livello produttivo del Cabernet Franc può farlo, è giusto che sia destinato all’eleganza e alla longevità, essendo anche cambiato il gusto dei consumatori. Non dimentichiamoci che noi produttori siamo grandi consumatori dei nostri vini (nostri e di quelli dei colleghi, ovviamente) per cui i vini che facciamo devono prima di tutto piacere a noi e ai nostri colleghi.

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IBT: Come mai la DOC Bolgheri resta indigesta per una parte degli appassionati italiani? Parlando con conoscenti degustatori, Bolgheri è spesso vista come una terra che vive di rendita su un modello francese (Bordeaux) copiandone i vitigni e gli affinamenti.

LR: La tendenza della DOC è sempre stata improntata all’internazionalizzazione del nostro mercato, quindi i vini di Bolgheri sono stati all’inizio dedicati all’esportazione, anche per mettersi alla prova con vitigni non autoctoni partendo dai fondatori, per cui Sassicaia e famiglia Antinori. La scelta era agronomica ed enologica, il consumatore italiano e i critici italiani hanno trovato più interessanti piccole produzioni italiane di altre zone ed altri vitigni, sottolineando la fantasia e la caparbietà di produttori di vitigni poco noti o in zone non adeguatamente seguite dal pubblico. 

Mi trovo però confidente sul fatto che molte aziende di Bolgheri stiano facendo un grande lavoro anche in Italia e che i vini di oggi siano molto bevibili. Permettimi una precisazione: se avessimo parlato di bevibilità 15/20 anni fa non avremmo parlato di un pregio, mentre oggi lo è. La beva, la bevibilità, è un sintomo di piacevolezza: i grandi vini bevibili sono il massimo, pensando alla Borgogna con il suo pinot nero a governare anche in chiave di bevibilità.

L’effetto secondario legato all’affezione per il mercato estero è anche un prezzo medio piuttosto alto, non solo dei vini di punta ma anche del resto delle linee, tanto che il prezzo medio al litro (dati del Consorzio per il 2020) è di €17 al litro, tre volte superiore rispetto al Barolo.

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IBT: Come si raggiunge in 25 anni – una Denominazione dalla storia brevissima – un risultato qualitativo ed economico di questo livello?

LR: Credo sia una coincidenza di interesse tra lo sviluppo della denominazione Bolgheri e lo sviluppo dei brand di questa zona: non posso non nominare Sassicaia, Ornellaia, Le Macchiole, Guado al Tasso, Allegrini, Gaja. La forza di Bolgheri è questa duplicità, i brand aziendali hanno aiutato il brand della Denominazione e viceversa, forse i brand aziendali sono stati più importanti anche per via dei grandi nomi coinvolti.

Oggi i sette milioni di bottiglie di Bolgheri trovano casa un po’ dappertutto nel Mondo, così come credo che l’evoluzione di Bolgheri non sia finita ma appena iniziata. L’unico lato positivo di questa emergenza Covid è stata anche la possibilità di poterci dedicare in totale ai progetti futuri e alla nostra terra, approfondendo le differenze tra le varie vigne.

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IBT: Quali sono i progetti di Tenuta Argentiera per i prossimi anni?

LR: Il progetto principale prevede il rinnovo dei due vini più identitari, quindi Argentiera e Villa Donoratico. Il primo è la nostra bandiera, un vino che racconta il territorio e l’azienda oltre a menzionare la Denominazione da cui proviene. Per Villa Donoratico vogliamo consolidare la sua personalità, così come per Ventaglio pensiamo a un DOC Bolgheri Superiore. I vini di pronta beva, i vini di ingresso di Poggio dei Ginepri sono in valutazione costante, dedicando tutto il tempo possibile al loro perfezionamento. 

IBT: Tenuta Argentiera si è rinnovata da poco e ho notato come ci sia la voglia di far bene ma senza fretta: è la tua impostazione del lavoro?

LR: Non si può avere fretta quando si parla di cultura del lavoro e ancor meno quando si parla di viticoltura: i cicli naturali devono essere rispettati. Per poter permetterci di andare sul mercato con una reale capacità produttiva adeguata alla reale capacità qualitativa.

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IBT: Che vini beve Leonardo Raspini nel privato?

LR: Sono un curioso per natura, mi piace spaziare nella mia cantina e nelle mie scelte. Quando scendo in cantina a prendere una bottiglia, scelgo un vino distante dal mio lavoro, tanto che bevo tantissimo Sangiovese (Radda, Montalcino) oppure Borgogna e Langhe. La Toscana domina vuoi anche per conoscenza e scambi con altri produttori. Negli ultimi tempi ho provato un grande amore per la Valpolicella, ma so già che fra pochi mesi cambierò e farò un giro altrove. Sono molto legato ad alcune zone perché ci sono stato personalmente, e conoscere il posto in cui nasce un vino, esserci stato e avere provato qualcosa durante la mia permanenza sul territorio è un aspetto centrale nella mia passione per il vino.

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IBT: Ultima domanda, una curiosità: perchè nessuno ha fatto un Metodo Classico a Bolgheri?

LR: Prima di tutto perché le uve che abbiamo e l’acidità della nostra uva non predispongono bene alla creazione di un metodo classico. Le varietà rosse sono legate alla vinificazione ferma, dove possono dare moltissimo. In tutto questo però, già da circa 15 anni quasi tutte le cantine di Bolgheri hanno adottato un vino bianco fermo, da Ornellaia in giù, proprio per dare spazio al vermentino che qui ha campo fertile. I clienti in Costa lo richiedono ed è corretto dare sfogo anche a questa creatività nostra: il territorio di mare è meraviglioso e merita uno sforzo in più. Per fortuna abbiamo altre bollicine in Italia che possono darci soddisfazione, qualcuno di Bolgheri certamente ci proporrà qualcosa nel prossimo futuro, soprattutto tra gli sperimentatori. 

Per ora, meglio uno Champagne! E ti dirò di più: quando ci troviamo tra di noi, in qualche incontro di lavoro o informale, la bollicina è la più consumata e mette d’accordo tutti: un primo passo quasi obbligatorio per poi passare a qualcos’altro.

Ringrazio Leonardo per il tempo e la cordialità che mi ha dimostrato: ho grande stima di lui e sono sicuro che Tenuta Argentiera stia entrando nel gotha dei nomi che contano quando si parla di Bolgheri.

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