CRISTINA SCARPELLINI - TENUTA SCERSCÉ - INTERVISTA

Ho incrociato la mia strada con Tenuta Scerscé a Novembre 2021 durante un breve sopralluogo nella patria del Nebbiolo d’altura – la Valtellina, un territorio costituito da alcuni giganti e da tante piccole cantine operaie dedite alla conservazione di un patrimonio di appezzamenti minuscoli, terrazzamenti, muretti a secco e vigne in pendenza tanto da meritarsi il nome di terra eroica. Tenuta Scerscé è stata una delle prime realtà della nuova ondata di cantine fondate negli ultimi 15 anni, fortemente voluta da Cristina Scarpellini – giurista bergamasca con esperienza nel diritto internazionale – dopo un breve periodo di riflessione e di conseguente amore per la Valle. Dopo aver visitato la cantina e aver assaggiato alcuni vini ho pensato di scambiare qualche parola con Cristina, per approfondire alcuni aspetti della Valtellina in special modo con chi non è nato qui ma ha scelto di farne la propria missione.

IBT: nel mio viaggio ho notato come la situazione della Valtellina enoica sia profondamente mutata negli ultimi due decenni, tra cantine nuove e un livello qualitativo in ascesa. Cosa è successo?

Cristina Scarpellini: negli ultimi dieci anni c’è stato un salto di qualità non indifferente e credo che ciò sia dovuto anche alla crescita di nuove realtà ed alle persone che hanno deciso di investire in questo settore venendo anche da fuori. L’area ha assunto un interesse dal punto di vista internazionale, pur essendo un piccolo mondo di 890 ettari vitati. Il cambiamento climatico ed il gusto che in questo momento predilige freschezza e bevibilità va nella direzione dei nostri vini. Il nostro Nebbiolo infatti  gioca meno sulla potenza e più sull’eleganza e sulla freschezza, peculiarità tipiche del nostro sottosuolo. C’è un buon lavoro di ricerca e credo che anche i giovani (e le nuove aziende come la nostra) abbiano dato valore a tutte queste prerogative.

L’approccio qualitativo si vede in particolare sulla pianta, noi stessi facciamo un lavoro enorme nei vigneti. Anni fa si cercava di far produrre molto alle piante perché la richiesta della vicina Svizzera era rilevante, poi il cambio è avvenuto in termini di riduzione del numero di ettari vitati da circa 5000 a circa 890 di oggi: mi preme sottolineare che dal mio punto di vista oggi l’optimus sarebbero 1500 ettari, sempre puntando ad un territorio di alta qualità, evitando di interpellare zone meno vocate. Le piante da noi vengono allevate a guyot che è il sistema migliore per avere un Nebbiolo di qualità.

IBT: come è avvenuta la scelta di abbandonare la vita precedente e dedicarsi “anima e cuore” al vino della Valtellina?

CS: quando nel 2008 ho iniziato questa avventura ero più incosciente di oggi e sono andata dietro a congiunzioni particolari che mi hanno spinta a fare questa scelta, una scelta di vita. Il primo incontro con la Valtellina è avvenuto nel 2006, grazie a un cliente del mio precedente lavoro che mi ha coinvolto nel progetto Adotta un Vigneto. Mai avrei pensato che sarebbe diventata la mia attività principale: all’inizio ho tenuto in parallelo le mie due occupazioni, fino a quando non ho dovuto scegliere in che direzione andare. Se fosse stato un semplice investimento economico – viste le difficoltà di questa zona insite nella sua viticoltura – non sarei qui. Ci vuole un’affezione forte per un territorio che ripaga la fatica spesa. Personalmente  seguendo personalmente ogni aspetto dell’azienda ho grande soddisfazione.

Qui collettare ettari vitati è un’avventura, essendoci una frammentazione importante: ho iniziato in Valgella perchè ho trovato un appezzamento di discrete dimensioni in zona. La Valgella è un’espressione del territorio molto interessante, in termini di eleganza, di finezza. Il nostro cuore è in Valgella, poi i vicini di appezzamento – una volta osservati i nostri metodi di lavorazione per un bel periodo – ci hanno chiesto di proseguire nella cura delle loro vigne, arrivando a ben 3,5 ettari di vigna che per la nostra zona non è scontato. Ci sono voluti dieci anni: un periodo lungo. Al momento abbiamo preso  anche due ettari nella zona del Tiranese, un vigneto con una pendenza del 40% e più, con la fortuna di avere due ettari a corpo unico. Sempre in Valgella invece abbiamo ripristinato un vigneto particolare che in realtà è stato abbandonato diverse volte, stiamo lavorando sulle fallanze e con analisi approfondite del terreno per poterlo recuperare. Attualmente è meglio recuperare che non andare a ricavare nuovi spazi per nuovi impianti. Gli scavi con trivella sono tutti manuali, senza mezzi alternativi se non il lavoro umano.

CRISTINA SCARPELLINI - TENUTA SCERSCÉ - INTERVISTA

IBT: da osservatore del mondo italiano del vino ho notato però un prezzo medio dell’offerta valtellinese piuttosto basso, specie se confrontato con altre zone meno difficili da coltivare. Quali sono i motivi di questa discrepanza tra azione e prezzo?

CS: Io credo che ci sia solo margine di miglioramento. Partiamo da un dato piuttosto semplice che però rappresenta bene il lavoro in Valtellina: noi calcoliamo circa 1500 ore di lavoro per ettaro, un numero che rispetto ad altri luoghi è il doppio o il triplo del normale. Allo stesso tempo, fino a quando la denominazione non sarà forte, il mercato continuerà a segnalare come alto il prezzo del nostro vino (non solo della mia azienda). Vedo però che c’è un lavoro attento anche da parte del Consorzio di Tutela e la valorizzazione del paesaggio concorre

Un altro tema è quello di stimolare i giovani a venire a lavorare in montagna, non solo per un’attrattiva estetica ma anche economica per questo lavoro: dobbiamo creare un valore aggiunto per la terra e per la Valtellina.

In questo contesto si inserisce anche il discorso dell’esportazione, con mercati floridi come gli Stati Uniti che non badano troppo al prezzo, non cercano per forza il minor prezzo possibile ma studiano attentamente la provenienza. Il mercato italiano ha ancora un grande margine di miglioramento, anche perché il racconto della Valtellina è appena iniziato.

Bisogna dare il giusto valore ad ogni elemento coinvolto in questo ambiente, remunerando correttamente ogni meccanismo, specialmente interno all’azienda, proprio per far apprezzare ancora di più il lavoro e per avere una forza attrattiva per chi sta fuori: penso alle tante aziende che sono sorte dopo la mia, ovvero negli ultimi dieci anni.

IBT: Cosa si prova a confrontarsi con la materia del Nebbiolo, specie per chi non proviene da una famiglia di agricoltori o viticoltori, ma proprio di estrazione geografica differente da quella in cui questo vitigno prospera?

Sono molto orgogliosa di questo elemento, anche se in partenza non mi sono posta molte domande, preferendo farmi trascinare dalla passione che oggi si è trasformata in consapevolezza e dalla curiosità continua nelle potenzialità di questa terra. Per quanto mi riguarda oggi la Valtellina come qualità media è all’80% del suo vero potenziale, per cui un livello medio/alto che può ancora migliorare. In questo momento storico i vini della Valtellina stanno piacendo molto, anche perchè oggi il consumatore predilige bevibilità e la freschezza, vedo che è una tendenza, come abbiamo detto prima, anche  internazionale. Alcuni mercati sono difficili per la presenza di tannino, ma questo ci accomuna con i vari Barolo e Barbaresco. La bellezza è potersi confrontare con gli altri produttori di Nebbiolo in giro per il mondo e presentare le nostre differenti declinazioni, dando sfumature diverse ma ugualmente interessanti.

Allo stesso tempo il mondo del vino sta trascinando quello della ricettività e in questo momento il livello del discorso si sta alzando, grazie anche ai giornalisti che si interessano della zona e ne parlano, oltre a venire a visitarla. Sta aumentando la richiesta di posti in cui pranzare o cenare di un certo livello, qui esistono la cultura del vino e la custodia del paesaggio – che sono affidate a noi viticoltori – ma forse manca la parte di ricezione e di ristorazione, nonostante negli ultimi dieci anni la situazione sia migliorata parecchio.

CRISTINA SCARPELLINI - TENUTA SCERSCÉ - INTERVISTA

IBT: ho notato che avete deciso di lavorare con l’enologo Attilio Pagli, una delle voci più interessanti in Italia dalla lista infinita di consulenze di livello assoluto. Come è avvenuta la collaborazione con Attilio?

Un’estate, mentre ero sotto l’ombrellone  ho pensato che l’azienda avesse bisogno di un cambio di passo, io avevo bisogno di un cambio di passo, di andare a fondo in questo lavoro, di confrontarmi con qualcuno molto più bravo di me, di un maestro che mi accompagnasse nel mio desiderio di fare sempre meglio per questo ho deciso di coinvolgere qualcuno di valore in questa mia ambizione. Ho cliccato miglior enologo del mondo così per scherzo e mi è apparsa la lista dei migliori enologi secondo Decanter e nella lista ho trovato nomi importanti, tra cui Attilio Pagli. Di Attilio mi ha colpito il volto, il suo sorriso, da cui ho percepito una certa umanità che ritengo fondamentale per lavorare con le persone. Gli ho scritto una email immediatamente e dopo un paio di mesi mi è arrivata una telefonata da lui. Ero a Pesaro per lavoro: non me lo aspettavo per niente. All’epoca producevo circa 20.000 bottiglie e la cantina nuova non era ancora in costruzione, per cui ho descritto onestamente la mia situazione, dicendo anche ad Attilio che avrei avuto piacere di fargli conoscere la Valtellina perché speravo comprendesse il mio amore per questa terra.

La prima cosa che mi ha detto è che avrebbe dovuto incontrarmi perché per lavorare insieme ci vuole sintonia, un lavoro a quattro mani: un altro motivo per cui ho scelto poi di lavorare con lui. I vini li interpretiamo insieme, ovvero gli ho chiesto di aiutarmi a esprimere me stessa nei miei vini, cosa che lui ha fatto non stravolgendo nulla della mia personalità, semplicemente seguendo il corso d’opera. Inoltre Attilio voleva confrontarsi con il Nebbiolo anche in appassimento e con noi ne ha avuto l’occasione. Attilio ha una dote immensa e sta facendo un lavoro incredibile, sono davvero contenta di poter lavorare con un grande uomo del vino e penso che faccia bene a tutto il territorio.

IBT: Cosa succederà alla Valtellina nei prossimi anni? E invece cosa accadrà a Tenuta Scerscé?

Per quanto riguarda la mia azienda mi ritengo soddisfatta del lavoro fatto fino a oggi, il che non equivale a sentirsi arrivati, anche se ci sono obiettivi futuri: da una parte aumentare il numero di bottiglie e accrescere le proprietà dei vigneti di tre o quattro ettari, continuando a lavorare con umiltà senza mai pensare di essere perfetti, facendosi stimolare dalle ricerche e stimolando anche il territorio a muoversi nella stessa direzione. La gioia di questo lavoro è una missione e conto di portarla avanti. La viticoltura eroica in questa zona fa vini di qualità, ma per me gli eroi sono altri e dovremmo iniziare a pensare a mantenere l’eccellenza nel lungo periodo, in sintonia con il territorio: il brand aziendale da solo non è sufficiente.

IBT: cosa beve di solito Cristina a casa?

Io sono un’amante del Pinot Nero della Borgogna, anche se nell’ultimo periodo mi sto avvicinando allo Champagne, pur avendo sempre preferito il rosso fermo. Poi c’è il Nebbiolo, in particolare il Barbaresco che preferisco al Barolo: trovo una discreta similitudine tra questi due territori.

CRISTINA SCARPELLINI - TENUTA SCERSCÉ - INTERVISTA