Girando per cantine si sente spesso nominare l’enologo quasi fosse un personaggio peculiare che gira per le aziende a dare il tocco personale sui vini, decidendo e consigliando con chi il vino lo cura tutti i giorni. Devo anche dire che spesso ci si riferisce all’enologo come una figura negativa che va a modificare le peculiarità di un’azienda in base al proprio gusto personale e a quello che il mercato chiede. Partendo da Giacomo Tachis in poi, la controversia è all’ordine del giorno quando si nomina “enologo”. Ho pensato di intervistare Luca Rettondini, giovane enologo toscano in forza a varie aziende tra cui, guarda caso, la mia amata Le Macchiole. Grazie Luca!

IBT: Prima di tutto, da dove nasce la tua passione per il vino?

LR: Il mio primo ricordo è da bambino, in Sardegna nei primi anni ’80 a casa di mio nonno, a Nuoro: dietro il suo laboratorio da tappezziere aveva nel muro un alveare pieno di bottiglie. Era per me il suo tesoro.

IBT: Quando hai capito di voler fare l’enologo? 

LR: Quando ho iniziato la facoltà di agraria di Pisa, il primo anno del corso  in viticoltura ed enologia, eravamo 10 iscritti: un mondo tutto da scoprire.

IBT: Oggi sei enologo di Le Macchiole, cantina che a mio avviso sta guidando il territorio Bolgheri alla conquista del mondo: ti senti responsabile di questo percorso? 

LR: Mi sento responsabile insieme a tutte le persone che navigano ed hanno navigato con me. Senza un lavoro di squadra, come mi ha insegnato il rugby, non si raggiungono risultati importanti.

IBT: Come ci si trova a collaborare con Cinzia Merli? 

LR: Ormai sono quasi 15 anni che collaboro con Le Macchiole e possiamo dire che ci conosciamo abbastanza. Mi piace il rispetto e l’educazione verso qualsiasi persona e la precisione che ha e che esige sul lavoro. I vini delle Macchiole, secondo me, oltre a parlare di Bolgheri parlano tanto di lei. (non posso che confermare, ndr.)

IBT: Hai lavorato con (e dal 2008 sostituito) Luca D’Attoma: come ci si sente a rimpiazzare un enologo molto capace e famoso come lui?

LR: Il rapporto lavorativo con Luca per quanto mi riguarda è stato ottimo poiché basato su onestà, collaborazione e rispetto da entrambi, con l’unico obiettivo di dare il meglio per Le Macchiole. Gran parte di quello che so lo devo a lui. 

IBT: Puoi descrivere brevemente le differenze tra le annate 2015/2016/2017 e 2018 per i vini di Bolgheri?

LR: Dopo l’annata 2014 tutti si “aspettavano” un filotto di annate di alta qualità e cosi è stato.
2015 annata molto bolgherese, con estate calda e maturazioni medio lunghe, un’annata di frutta e volume.
2016 grazie alla precisione di maturazione  delle uve, è stata un’annata di grande eleganza e freschezza con tannini molto equilibrati.
2017 tra le quattro quella che ha sofferto la siccità dell’annata ma come tutte le annate difficili è stata una opportunità per far capire come Bolgheri dia vini di eccellenza anche in annate minori.
2018 annata molto interessante, opposta climaticamente alla  2017, con vini meno concentrati, molta eleganza e bevibilità.

IBT: In che senso l’annata 2014 è stata difficile per Bolgheri?

LR: Nel senso che 2014 è stato un’estate senza luce, calore, un’estate piovosa. Non vi è stata maturazione ottimale. La fortuna più grande è stata la vicinanza al mare che ha donato una parte iodata riconoscibile. Annata che gioca molto sulle acidità e mineralità.

IBT: Lavori anche per altre entità toscane (Prima Pietra, La Regola et al.): come riesci a dividere la mente quando lavori per aziende differenti?

LR: La fortuna è quella di lavorare in aziende di grandezza media e con obiettivi qualitativi alti. Ogni azienda ha la sua struttura, i suoi mezzi e le sue criticità. Il mio metodo di lavorare si basa sul mantenere un legame con il terroir ed esaltarlo nel bicchiere.

IBT: Troppo spesso ho sentito l’espressione “il vino dell’enologo” indicando una sorta di protagonismo maldestro dell’enologo che andava a marcare profondamente i vini di una determinata azienda con la propria personalità, alle volte con risultati disastrosi. Come si deve comportare un enologo moderno e rispettoso dell’uva dell’azienda in cui lavora?

LR: Se esiste “il vino dell’enologo” non esiste un ‘anima nell’azienda. Io cerco di coinvolgere il più possibile chi vive giornalmente le aziende, cercando di coinvolgerli in tutti i passaggi così da far sentire i vini propri. Non si tratta di scaricare responsabilità ma solamente di condividerle.

IBT: Torniamo a Le Macchiole che, come avrai capito, è una mia piccola ossessione: quale è il vino preferito tra le cinque proposte? Quale ti diverte di più “comporre”? Quale ti soddisfa di più da un punto di vista tecnico?

LR: La domanda sul vino preferito alle Macchiole è la domanda più difficile che mi si può fare, è come scegliere a quale figlio vuoi più bene!
Sicuramente Messorio è il vino che ha avuto una crescita più importante negli ultimi 10  anni, abbiamo fatto un lavoro in vigna e cantina importante, basato sulla precisione di lavoro cambiando mano a mano alcuni aspetti tecnici. Il percorso è ancora lungo e ciò è per me così avvincente.
Sicuramete Scrio è il più divertente poichè il Syrah è un vitigno così raro a Bolgheri e non essendoci un modello “bolgherese” c’è un lavoro sulle uve e sulla vinificazione tutto nuovo.
Dal punto di vista tecnico Paleo Rosso è il vino che mi soddisfa di più, senza ombra di dubbio. Il Cabernet Franc a Bolgheri è il pilastro di molti vini importanti e oggi ha raggiunto un’identità ben precisa, apprezzata in tutto il mondo.

IBT: Se avessi la libertà di lavorare ovunque, dove andresti?

LR: Mi piacerebbe rifare esperienze in Australia e Sud Africa ma il mio sogno resta la Sardegna.

IBT: In che zona della Sardegna? Ti capita mai di bere qualcosa della tua terra? Hai qualche nome che reputi di valore?

LR: Beh, sicuramente ho una passione dovuta alle mie origine per la Barbagia e per il Cannonau ma sono molto affascinato dalle malvasie di Bosa. Bevo molto la Sardegna, come esempi di rosso prendo in considerazione i Cannonau di Gabbas Dule e l’Arbòre, per il bianco il Costarenas di Masone Mannu e per la malvasia di bosa la riserva di G.Battista Columbu.

IBT: A quale vino vorresti aver lavorato, per quale vorresti essere conosciuto nel mondo?

LR: Non ho un vino per il quale provo desiderio, mi accontento di quello che e spero che al mondo piaccia se no lo bevo io!

IBT: Quali colleghi hai studiato e apprezzato negli anni?

LR: Devo dire che negli anni non ho studiato molto i colleghi se non apprezzando i loro lavori. Preferisco condividere e confrontarmi con qualche collega local e di altre realtà italiane ed estere.

IBT: Vini preferiti? Tre nomi di bottiglie che ti porteresti su un’isola deserta?

LR: domandona!

  • Saumur Champigny Les Poyeux Clos Rougeard 2012
  • Cheval Blanc 2005
  • Penfolds Grange Bin 95 2004