Vado a incontrare un tassello importante nella storia del Barolo e delle Langhe, la testimonianza vivente di cosa possono fare insieme il lavoro, la testardaggine e la volontà. L’aspetto esterno della cantina può trarre in inganno, inducendo il visitatore a pensare a generazioni di feudatari del Barolo, con possedimenti secolari o comunque di lungo corso: viceversa, tutto ciò che Luciano Sandrone è oggi si deve a Luciano medesimo, un uomo che ha nobilitato il proprio cognome e ha creato una eredità potente. Come tanti nelle Langhe, Luciano non proviene da una famiglia di possidenti terrieri ma ha intrapreso la carriera vitivinicola presso la cantina dei Marchesi di Barolo nel 1970, riuscendo pian piano a crearsi una solida alternativa al lavoro dipendente.

L’azienda nasce nel 1978 con la prima vinificazione di Barolo dal primo appezzamento in Cannubi Boschis, annata che si rivelerà vincente perché acquistata in toto nel 1981 al Vinitaly: Luciano non è presente di persona alla trattativa di vendita che avviene al telefono, dovendo rimanere in Barolo per il turno di lavoro. La prima gloriosa annata si chiude con la conferma che la ricerca della qualità in vigna e in cantina può dare grandi risultati su un vino, il Barolo, che nel 1981 non ha alcuna attrattiva simile a quella che può avere oggi quel nome proprio di sei lettere.

Luciano – con altri – decide di dedicarsi alla terra ma, non potendo contare su grandi fondi, deve mantenersi altrimenti, riuscendo a combinare il doppio lavoro per vent’anni, fino al 1990, quando la cantina inizia a macinare i numeri giusti per reggersi in piedi da sola. Nel frattempo l’etichetta è stata disegnata e proposta dal 1985, così come ha inizio il progetto della Vite Talin nel 1987, progetto che ha visto la prima bottiglia nel 2019 con l’annata 2013. Nel 1990 nasce anche il Barolo Le Vigne, summa dell’assemblaggio con uve provenienti da diversi cru e diversi Comuni, seguendo la tradizione antica dell’assemblaggio e con tutta probabilità in controtendenza con la pletora di singoli vigneti in circolazione.

Agli inizi dei Novanta la figlia di Luciano, Barbara, e il fratello più giovane di Luciano, Luca, iniziano a muovere i primi passi in azienda e risale a quel momento l’acquisizione di tre ettari in Valmaggiore, cru del Roero, fonte di uno dei vini di Luciano. Barbara racconta che l’appezzamento era diviso tra ventotto proprietari differenti, rendendo complesse le trattative e la conclusione dell’atto: una situazione piuttosto comune ma che oggi può sembrare anacronistica. Gli ultimi eventi da ricordare sono la costruzione della nuova e maestosa Cantina di oggi e il cambio di nome al Barolo di bandiera, ovvero il passaggio tra Barolo Cannubi Boschis a Barolo Aleste, nome di fantasia frutto dell’unione dei nomi dei nipoti di Luciano, creando un legame ideale tra generazioni.

Oggi l’azienda conta circa trenta ettari di vigna e soltanto sei referenze, segno della vocazione a proporre soltanto i vini stilisticamente affini al carattere di Luciano senza escursioni in territori inesplorati: Dolcetto, Barbera e Nebbiolo. Quest’ultimo, da re dei vitigni, è proposto in quattro versioni, dal Valmaggiore al Barolo Vite Talin passando per i già menzionati Barolo Le Vigne e Barolo Aleste. Un altro progetto da segnalare è Sibi et Paucis, ovvero la riproposizione in quantità limitate di annate meno recenti, dando la possibilità di assaporare il frutto del tempo, con la garanzia della conservazione ottimale nel luogo di produzione.

Concludo con una considerazione forse poco giornalistica e molto personale: quello che ho potuto toccare con mano, con Sandrone ma anche con altre cantine, è che il lavoro di viticoltore non è un lavoro come gli altri. L’avere a che fare con il frutto della luce – la vite – rappresenta uno stimolo impossibile da sopire per chi, come Luciano, ha avuto il coraggio e la determinazione di prendersi cura di un pezzettino di terra alla volta in una zona che, fino a venti o trenta anni fa, aveva scarse somiglianze con ciò che vediamo oggi. Il racconto delle origini della Cantina ascoltato da Barbara, la seconda generazione, è l’epitome di un cammino umano che accarezza la sfera spirituale: Barolo non è soltanto un lussuoso pezzo di terra, quanto un compendio unico di esperienze umane di cui Luciano Sandrone è degno alfiere.