ODDERO – LA MORRA – IN CANTINA

Oddero è una delle cantine più longeve delle Langhe, potendo contare ormai su sette generazioni di Oddero a darsi il cambio in un sentire aziendale che ancora oggi sembra dettare le scelte di questa azienda. Siamo a La Morra, anzi in frazione Santa Maria, dove la famiglia Oddero ha posato la propria mano e la propria opera oltre cento anni fa e dove sono ancora oggi gestiti i vini. 

Raggiungo la Cantina in una splendida mattinata di Novembre e vengo accolto da Chiara: devo menzionare l’ampio corredo di materiale storico in sala degustazione, con testi tecnici e registri aziendali di epoche distanti, quando il nostro vino non aveva assolutamente l’aspetto odierno e le vigne – la terra – avevano tutto un altro fascino. La visita parte dalla terrazza da cui si possono ammirare diversi ettari vitati di proprietà, ma bisogna anche sottolineare la lungimiranza di Giacomo Oddero, giovanotto del 1926, che ha preso la decisione in tempi non sospetti di acquistare vigne in cru oggi mitici, Brunate e Vignarionda su tutti. 

La parte storica è fondamentale per inquadrare il sentire aziendale e la prima parte di Cantina è un omaggio alle origini e alle radici contadine di questo mondo, alla strumentazione che oggi fa un po’ sorridere in confronto alle macchine odierne: un elemento da tenere sempre a mente per considerare quanto è stato fatto in così pochi decenni. Giacomo è uno degli ultimi della generazione nata tra le due Guerre mondiali ad aver assistito e contribuito in prima persona al concetto di Barolo.

La Cantina vera e propria è destinata esclusivamente all’affinamento e fanno bella mostra di sé le magnifiche botti grandi in cui riposano i tanti vini dell’azienda, le Vigne e le Menzioni si susseguono in un carosello di sfumature e di immagini che sono poi il primo passo per raccontare un territorio così frastagliato di cui il Nebbiolo è interprete per eccellenza. Partendo da Bricco Chiesa – la vigna di casa, visibile poco sotto la Chiesa – passando per Capalot, Bricco Fiasco, Vignarionda, Brunate, Bussia, Rocche di Castiglione e concludendo con Villero, è impossibile non cedere alla meraviglia nello scoprire così tante vigne differenti che riposano a pochi passi di distanza l’una dall’altra. Un caleidoscopio di sensazioni differenti che la famiglia Oddero si impegna ogni anno a perfezionare e consegnare in bottiglia.

Il Barolo classico è un assemblaggio di tre parcelle differenti: Bricco Chiesa, Capalot e Bricco Fiasco, anche se in alcune annate – come la 2018 – si è scelto di ampliare il ventaglio con altre vigne tra quelle che di norma vengono imbottigliate singolarmente. Per tutti l’affinamento è in botte grande per un periodo di circa 30 mesi. Curiosamente le botti non sono della stessa dimensione, ma ciascuna parcella ha un proprio volume di produzione che va considerato per gestire al meglio le botti e la logistica quotidiana della Cantina.

Passiamo alla doverosa degustazione con Isabella Oddero: la famiglia Oddero ha da poco acquisito alcuni ettari di Timorasso e ne propone una versione da uve di proprietà con un’altra etichetta, credo per non sovrapporre la classicità delle etichette storiche con la novità del bianco. Oltre a questo vino bianco fa la sua comparsa il Riesling, purtroppo prodotto in poche bottiglie e dunque disponibile solo per qualche mese all’anno. Lo stesso dicasi del Dolcetto e del Barbaresco dal cru Gallina: la famiglia Oddero ha la deroga per vinificare il Barbaresco fuori zona come azienda storica (come Pio Cesare, Michele Chiarlo, Vietti, Enrico Serafino, etc.) anche se le poche migliaia di bottiglie finiscono subito.

La Barbera è proposta in due versioni: la classica Barbera d’Alba Superiore e la Nizza, entrambe da viti piuttosto adulte e con affinamenti importanti ma non spregiudicati, dando modo alle tipicità delle zone di emergere in degustazione. Il Langhe Nebbiolo 2020 ribadisce quanto questa annata diventerà importante, andando a unire la statura del 2019 con una croccantezza del frutto appagante.

Facciamo spazio ora al Barolo nelle sue diverse versioni: partiamo con il Barolo classico 2018, versione solida e apprezzabile con una consistente materia che conferisce una longevità discreta. La Vignarionda è rilasciata in forma di Riserva e andiamo ad assaggiare l’annata 2015, potente e austera, vino dal potenziale evidente e che ancora ha bisogno di qualche anno per distendersi in lungo e in largo. Una promessa concreta. Torniamo all’attualità con la 2018 di Brunate, elegante e suadente, dal frutto cristallino e vivace.

Concludiamo con il Barolo classico in due annate, 2010 e 2004: la prima balsamica a dir poco, un bouquet olfattivo di piacevolezza e florealità, confrontando poi un’annata come la 2004 che pare oggi ancora immortale, dal tannino diritto e vivo per una materia solida e che può far pensare sulla scarsa – ed errata – considerazione del Barolo classico come un vino di ripiego. Una di quelle bottiglie che può far sognare chiunque nonostante le apparenti umili origini e nessuna menzione altisonante in etichetta.

Ringrazio Isabella Oddero e Chiara per avermi dedicato il loro tempo, con la promessa di tornare qui e verificare lo stato dei lavori per la futura annata 2019 che sta oggi vedendo i primi mesi di bottiglia. Ringrazio Manuel Burgi per aver facilitato questa visita. La famiglia Oddero ha una responsabilità enorme sulle spalle, ma penso in cuor mio che non ci sia motivo di preoccuparsi per un futuro che oggi sembra denso di soddisfazioni e di grandi vini.