BOLGHERI – OTTOBRE 2022 – REPORT

Torno a Bolgheri per la seconda volta in questo 2022 con il preciso obiettivo di esplorare nuove realtà: 8 cantine visitate in un pugno di giorno, l’unico modo per approfondire una Denominazione che sta crescendo qualitativamente e che lascia presagire un futuro ancora più interessante. Il passato bolgherese (nonostante la giovane età della DOCG) parla di vini intensi giocati su vitigni internazionali in cui l’affinamento in legno e la concentrazione del frutto erano determinanti nel rendere riconoscibile il territorio. I vini di oggi – non ultimi quelli assaggiati in trasferta – raccontano invece un territorio che sta cercando un’identità precisa snellendo gli affinamenti e le vinificazioni, seguendo le annate sempre più calde e siccitose e gestendo vini che tendono all’eleganza, alla bevibilità e al frutto.

Ho soggiornato a Villa Borgeri, agriturismo di proprietà di Giorgio Meletti Cavallari (che ringrazio e abbraccio), un piccolo podere tra le vigne che può far felice chiunque stia cercando la tranquillità della costa toscana: un gioiello che consiglio con piacere. Con Giorgio assaggio il Bolgheri Superiore 2019 e 2020, passando in cantina con Rosato e Bianco dalle vasche.

Michele Satta è stato uno dei primi a decidere di trasferirsi qui per fare vino: la storia della cantina è simbolica e oggi con il figlio Giacomo anche il futuro sembra roseo. Una cantina di dimensione familiare dove la cura dei dettagli e la volontà di emergere sono ancora come il primo giorno, grazie a etichette riconoscibili e di qualità ormai garantita.

Proseguo con Campo alla Sughera (grazie a Paola Chiapasco e Irene Ferri di Well Come) dove incontro Tommaso (direttore generale) e Francesco (direttore di produzione) in una visita che mi illustra chiaramente i progressi fatti nel perfezionare una materia che soltanto oggi si inizia a conoscere, con zonazioni precise, affinamenti misurati e una cura certosina nei dettagli.

Incontro poi Dario Di Vaira, vignaiolo della nuova generazione, e qui ho modo di verificare l’impegno che Dario e famiglia stanno mettendo nei vini dell’azienda, dalla personalità integra e coerente, passando anche per gli assaggi in cantina con le prime svinature a far cantare il frutto.

Appuntamento poi da Caccia al Piano con Francesco Lippini, diretto marketing e in parte responsabile del cambio di rotta della Cantina snellendo la veste grafica e potendo contare su uno dei vitigni più belli della zona, una doppia esposizione in altitudine con vista mare che può curare qualsiasi tensione. Degustazione di livello con il bonus di una vecchia annata in conclusione. Ah, fanno pure una bolla (la proprietà è Berlucchi).

Si prosegue poi con l’assaggio dei vini di Campo al Pero di proprietà di Maurizio Piccoli, entità che ho visto raramente sugli scaffali delle enoteche italiane ma che custodisce vini di livello, senza sbavature e con una personalità definita, anche qui nell’ottica dell’accessibilità e della bevibilità.

Grande curiosità per i vini di Poggio al Grillo, cantina che si appresta a rilasciare il primo Bolgheri Rosso a breve e che propone bianco, rosso, rosato e passito di Aleatico. Giulia e il papà Alessandro hanno le carte giuste per emergere e i vini di oggi raccontano un percorso definito e intelligente.

Ultima cantina del tour è Villanoviana, dove incontro Barbara Monacelli e Matteo: azienda non solo bella esteticamente ma anche funzionale con vini ottimi, gestiti con perizia e rispetto. La sostanza è in bella vista e non si nasconde, così come non si nasconde l’ambizione di Barbara nel voler provare a fare grandi vini: la strada è quella giusta.

Concludo con un assaggio delle nuove annate da Chiappini, dove incontro Giovanni, il capostipite: la firma aziendale è ormai chiara, giocata sull’austerità e sulla profondità, con la salinità costiera e il Sangiovese a farsi sentire. La conferma che volevo.

In sintesi, le ultime annate hanno dato modo alle Cantine di perfezionare parecchi dettagli alla ricerca di una voce comune che, al momento, è lontana di poco. La distanza filosofica tra qui e Bordeaux è ampia e ormai un retaggio del passato: nei vini la componente territoriale è definita, così come un livello qualitativo mai deludente. Con un numero di cantine contenuto (66) è possibile gestire il territorio e la proposta in maniera univoca e su questo il Consorzio deve puntare con autorevolezza.