FATTORIA DI PETROGNANO – VISITA IN CANTINA

Fattoria di Petrognano si sta preparando per un grande futuro: la Cantina di Montelupo Fiorentino sta affrontando una svolta importante e la possibilità di toccare da vicino un cambiamento radicale di approccio è un’occasione da non lasciarci sfuggire.

Facciamo un salto indietro nella storia: la famiglia Pellegrini di Bergamo (Cisano Bergamasco per la precisione) ha rilevato la Cantina di vinificazione ormai sessant’anni fa, un centro di raccolta delle uve della zona con un concetto diverso rispetto a ciò che è il vino oggi, prediligendo la quantità alla qualità e confrontandosi con un’Italia differente rispetto a quella di oggi. Il nonno di Emanuele Pellegrini ha comunque iniziato a pensare a una viticoltura di qualità, operando scelte attente pur partendo da un retroterra differente.

Emanuele Pellegrini ha preso in mano l’azienda da qualche anno, sviluppando invece una viticoltura di qualità grazie a precise intuizioni: prima di tutto l’abbandono dei vitigni internazionali, mantenendo soltanto piccole porzioni di vigne vecchie a scopo di studio. Le uve vinificate provengono soltanto dagli ettari di proprietà, principalmente Sangiovese e Trebbiano, con cui sono in atto studi completi in ambito di selezione e di vinificazione, con l’utilizzo dell’orcio (in sostanza l’anfora toscana) per sperimentare e far esprimere al meglio le uve.

Grazie all’apporto dell’enologa Monica Rossetti si punta sulla viticoltura di precisione e su affinamenti in legno grande che diano il tempo necessario al vino per esprimersi: gli assaggi in sala di affinamento sono chiari esempi di questa rinnovata volontà di ricerca della qualità.

Le vigne sono raccolte intorno alla Cantina ed Emanuele mi delinea passato, presente e futuro delle piante, con impianti nuovi non ancora in produzione di fianco a impianti più anziani: bilanciare queste due forze è la vera sfida di Petrognano.L’assaggio dei vini, dal Trebbiano d’annata al Trebbiano Orci, giungendo poi al Sangiovese in versione Meme (Chianti e Chianti Superiore) e in versione Orci mi conferma l’attento lavoro di rinnovo di Emanuele e Monica. Il Trebbiano in terracotta esprime un livello ulteriore a un vitigno snobbato come pochi altri, mentre il Sangiovese si dimostra di ampiezza esemplare ma di grande facilità alla beva (specie con la “leggera” cucina locale).

Cosa aggiungere? Conosco Emanuele da anni e non ho mai dubitato della sua abnegazione al lavoro, così come ho potuto apprezzare l’impegno di Monica nella progettazione e realizzazione di vini contemporanei, sempre ben ancorati al territorio di provenienza, questa Toscana di Firenze crogiolo di bellezze.