CAVALLOTTO – VISITA IN CANTINA

Arrivo a rendere conto dell’ultima visita in cantina di questo 2020, un’istituzione assoluta delle Langhe responsabile di grandi vini. Cavallotto Bricco Boschis ha qualcosa in più, un’atmosfera particolare, una sensazione che mi ha avvolto durante tutta la visita. La pacatezza della famiglia, i modi garbati che si rivelano anche durante l’assaggio delle creazioni della cantina: qualcosa di molto difficile da spiegare a parole. Siamo nel comune di Castiglione Falletto.

L’antefatto: qualche anno fa ho comprato con alcuni amici una bottiglia di Barolo Vigna San Giuseppe (credo dell’annata 2010), vino bevuto senza le attenzioni che riservo oggi alle degustazioni, eppure questo nome mi è rimasto in testa. Le Langhe sono dense di cantine storiche, importanti, rinomate a livello mondiale, ciascuna con una propria particolarità, un carattere distintivo difficile da enucleare a parole eppure così presente da sembrare solido. Ma sto divagando, e forse è ora di tornare al vino.

Cavallotto nasce nel 1928 quando il bisnonno acquista la Tenuta Bricco Boschis, per passare poi alla vinificazione in proprio nel 1946. Dal 1967 la denominazione della vigna Bricco Boschis è in etichetta, nel 1989 viene acquisita la maggior parte del cru Vignolo, andando con costanza a migliorare la qualità adottando macchinari di precisione, come ho potuto vedere di persona.

In cantina di affinamento tutto sembra immutato da quasi un secolo, a patto che non ci si avvicini alle botti: il legno è invecchiato ma non troppo antico da risultare controproducente. Qui si usa solo la botte grande, in un ambiente che ricorda un monastero per pulizia, tranquillità e meditazione. La vinificazione avviene al piano terra in vasche orizzontali, per la malolattica dei grandi rossi si attende la primavera successiva alla vendemmia, travasando il vino nelle tradizionali vasche di cemento. Un passaggio in più rispetto a tante altre cantine.

Dalla barricaia una porta conduce al retro della cantina, ovvero il giardino composto da un anfiteatro di vigne, uno dei posti più belli che ho visto quest’anno. Le piante sono vecchie, nodose, contorte, eppure la vita scorre infaticabile, lo segnalano le tante coccinelle che mi si posano addosso. La chimica è molto limitata, non viene più utilizzato il rame da anni, ma basta vedere il brulicare di insetti tra le piante per rendersene conto, certificato o meno. Di nuovo, è la natura a essere protagonista, l’intervento dell’uomo è ridotto e con un rispetto religioso per la pianta e i suoi frutti. Inoltre, è tutto a portata di mano: sembra di poter toccare i vari appezzamenti da cui hanno origine i vini dell’azienda.

Si va ad assaggiare qualcosa? Ma certamente. Voglio sottolineare la corrispondenza perfetta tra ciò che ho visto in cantina e in vigna e ciò che ho trovato nel bicchiere: non succede sempre, fateci caso. Torniamo al vino, o meglio ai vini: Dolcetto Vigna Scot 2019, Freisa 2018 (migliore Freisa mai assaggiata dal sottoscritto), Barbera d’Alba Vigna Cuculo 2018 (pazzesca), Nebbiolo 2018 (idem), Barolo Bricco Boschis 2016 (per me miglior Barolo 2016 a oggi), Barolo Riserva Vignolo 2012 e 2013. Una batteria da lasciare interdetti per qualità, sensibilità, eleganza e piacevolezza.

Non avrei saputo come chiudere meglio questo anno di visite. Nonostante il discreto numero di cantine delle Langhe che ho visitato quest’anno, Cavallotto mi ha dato la netta sensazione che le Langhe avranno sempre qualcosa di nuovo da dirmi e da darmi. La mia ricerca è ancora all’inizio, questo è ciò che mi porto a casa. Oltre a qualche bottiglia dell’ambrosia tannica di Cavallotto, ovviamente.