FRANCESCO RINALDI – VISITA IN CANTINA

La grandezza nei dettagli: Francesco Rinaldi rappresenta senza dubbio la Tradizione langarola vera e coerente, vendemmia dopo vendemmia, da ormai un secolo e mezzo. Approccio la cantina dopo alcuni assaggi del passato, raggiungendo Piera in una fredda giornata novembrina, dai contorni sfumati e nebbiosi, dal silenzio evocativo. Siamo sui Cannubi, la collina al centro del Barolo il cui nome deriva dal latino connubium, ovvero l’unione tra le due anime geologiche del Barolo, elveziana e tortoniana, prerogative anche dei vini che qui nascono.

La Cantina è stata costruita nel 1870 e si è allargata lentamente, generazione dopo generazione, con il capostipite Giovanni padre di otto figli e a tutti gli effetti responsabile non solo della creazione di questa Cantina, ma di altre sempre nel Comune di Barolo. Francesco prende le redini nel 1922 e introduce in azienda i figli Luciano e Michele, quest’ultimo padre delle attuali proprietarie, ovvero le sorelle Paola e Piera.

Parlando con Piera cresce la sensazione che la volontà di rimanere nel solco della tradizione non sia una rinuncia, quanto un’opportunità: l’opportunità di perfezionare i dettagli della produzione del vino, un perfezionamento che si può ottenere soltanto con la costanza e la possibilità di lavorare ciclicamente con lo stesso terroir, in questo caso la collina dei Cannubi in cui l’azienda ha alcuni ettari di proprietà. 

Oltre ai Cannubi, la Cantina propone una versione di Brunate, che altro non è se non il cru dalla parte opposta della strada: una sorta di riflesso nello specchio con però prerogative del tutto differenti, elementi che si avvertono in fase di degustazione con due vini – correttamente – distinguibili. Parlando di vinificazione, la fermentazione è di circa un mese e l’affinamento è in botte grande per tre anni. Fanno bella mostra di sé alcune botti antiche, preservate per dare un continuum ideologico e culturale alle vicende odierne: oltre a piccoli accorgimenti tecnici necessari per dare un volto contemporaneo al vino, tutto sembra provenire dall’inizio del secolo scorso.

Oltre ai due cru, la Cantina propone un Barolo classico con provenienze di tutto rispetto: Rocche dell’Annunziata, Boiolo, Sarmassa, Vignane e Codana, vigne acquisite nei decenni e ora felicemente sposate nel Barolo di assemblaggio di casa, fratello maggiore del Langhe Nebbiolo 2020 che vado ad assaggiare come introduzione all’azienda, proveniente sempre dai Cannubi e vinificazione in cemento. Nonostante la freschezza di valore si fa strada la profondità che poi andrà a ribadirsi nei vini successivi, il vero filo conduttore dei vini della Cantina.

Tra le altre etichette bisogna menzionare la Riserva di Cannubi disponibile soltanto nelle annate eccellenti e con una selezione manuale dei grappoli nella parte più alta degli appezzamenti nei Cannubi, permanenza in botte grande per tre anni. Le altre etichette confermano l’aderenza alla tradizione langarola con una particolare predilezione per il rosso, ad eccezione di un Gavi, denominazione in lenta ascesa nell’ultimo periodo.

Concludo questa visita con la consapevolezza che Francesco Rinaldi abbia dato vita a una Cantina destinata a portare avanti una tradizione innegabile, percependo il territorio delle Langhe e in particolare la collina dei Cannubi come parte del DNA aziendale. Ringrazio Piera per il tempo che mi ha dedicato, sapendo che tornerò tra le botti che custodiscono il frutto dei Cannubi.


Lista dei Vini Degustati:


Francesco Rinaldi e Figli
Via Crosia, 28 – Barolo
www.rinaldifrancesco.it/
info@rinaldifrancesco.it