ROMANO DAL FORNO VALPOLICELLA SUPERIORE 1997

ROMANO DAL FORNO VALPOLICELLA SUPERIORE 1997

Sono sicuro che Romano Dal Forno sia sempre stato uno che è andato a letto presto, anche da giovane. Un ragazzo di vent’anni che ha creduto nella possibilità di creare una grande azienda, obiettivo che ha realizzato in pochi decenni, dal 1983, e che oggi risplende tra le più fulgide gemme del Pantheon vitivinicolo italiano. L’ho capito subito quando ho varcato i cancelli della cantina, una struttura che potrebbe fare invidia a qualsiasi Chateau francese: il duro lavoro, i debiti con le banche per partire, l’amicizia con Giuseppe Quintarelli e Celestino Gaspari, la svolta tecnologica che ha portato Romano a investire pesantemente nelle strutture, tra le quali la mia preferita è il solaio-fruttaio con le sue enormi ventole appese al soffitto.

Una cantina tecnica certamente, ma anche una cantina di cuore, di emozione: aprire una bottiglia di Romano Dal Forno, per quanto oneroso possa sembrare, trascende dalla semplice operazione di stappare – versare – degustare un vino, bensì racconta un uomo, una cantina e una famiglia che, pur fuori dal territorio della Valpolicella classica, ha creato un mito.
L’umiltà indimenticabile di Luca Dal Forno è un altro segnale: le ore che ho passato con lui sono state a dir poco gradevoli per la sua capacità di mettersi al mio livello, nei miei panni di degustatore novizio e, per quanto appassionato, tecnicamente inferiore. Un dono che non dimentico.

Dicevo dell’andare a letto presto perchè questa bottiglia si può accostare all’immenso capolavoro di Sergio Leone (del 1984) C’era una volta in America, nella sua versione extended con contenuti inediti e, per forza di cosa, sbiaditi dalla pellicola: un lungo viaggio tra passato e presente con una vena di malinconia sottesa a tutta la trama, con la grandezza delle interpretazioni di tutti i personaggi, nessuno escluso, a dare manforte alla missione, ovvero al film. Il vino in questione è anch’esso un legame tra passato e presente, con la forza e l’irruenza della materia originaria ad essere stata plasmata dal tempo e dall’attesa paziente, aspettando il momento buono per scatenarsi in un’ultima lotta nel mio calice.

“Romano, cosa hai fatto tutti questi anni?”
“Ho fatto grandi vini.”


Giorno 1
Apertura ore 19.00: tappo che si divide in due parti senza lasciare tracce nella bottiglia. Attesa e abbassamento di temperatura.

Ore 20.00

N. Piuttosto scuro e colorato principalmente da note riconducibili all’affinamento in legno, dalle note scure e speziate di cacao, frutta con guscio di prevalenza nocciola, cioccolato fondente. Fa capolino la frutta rossa sempre su tonalità scure, dall’amarena alla ciliegia, e trasversalmente si avvertono note di frutta secca, uvetta e fichi senza sbrodolare mai nella dolcezza. Fiori rossi appassiti. Sotto la coltre di note scure si avverte però un sostrato più succoso e fresco. Tralasciando l’aspetto tecnico, stupisce la solidità del frutto, di rotondità squisita e soprattutto senza lasciare spazio all’alcol: un unicum di note ben distinguibili tra loro eppure un insieme variegato e profondo.

P. Rotondo, fresco e dal tannino leggermente piccante, le spezie si avvertono sulla punta della lingua corredando le note di frutta rossa che ribadiscono quanto avvertito al naso, con ciliegia e amarena. Palato che non cede di un millimetro in termini di intensità neanche dopo qualche momento in bocca, dalla freschezza ancora vivace e ben amalgamata.

F. La freschezza si ripercuote nel lungo finale, di fresca frutta rossa, sempre su ciliegia e amarena con cenni di mora, arancia amara e un corredo speziato non molto ampio ma di intensità sopra la media. Legno, tabacco, pepe nero. Di lunghezza ben sopra la media.

Giorno 2
Ore 14.00


N. Pare aver abbandonato parte dell’austerità, che comunque rimane caratteristica principale, con la frutta rossa solida e croccante sempre su toni scuri ma minori rispetto al giorno uno, avvertendo anche note più fresche di mora e fragola. La ciliegia è sempre solida accompagnata dall’amarena, la parte legnosa si trasforma in legno laccato senza indugiare in note eteree. Ancora cioccolato fondente 85% e tracce balsamiche, di mora di rovo e aceto balsamico.

P. Ancora più solido con il tannino che pare essersi smorzato in favore di una freschezza importante su note di frutta rossa fresca, ciliegia e amarena ma anche mora. I cenni scuri e terrosi si intravedono sullo sfondo. La bevibilità non è mai in discussione, insieme all’apparente assenza di alcol che è percettibile solo nel “peso” del sorso.

F. Di freschezza e discreta sapidità, arancia amara, ciliegia e mora, dallo strascico speziato avvolgente e mai puntiforme, quanto ben diluito nel tempo e nello spazio. Decisamente in forma.

Ore 19.00

N. Dopo un giorno dall’apertura la parte fruttata diventa preponderante, la ciliegia e l’amarena si incontrano con la prima in leggero sorpasso, lasciando a fare da cornice le spezie con echi di cioccolato fondente. Mora molto scura, cola e tamarindo.

P. Non cede di un millimetro sempre sulla freschezza e la leggera sapidità della frutta rossa fresca, ciliegia e amarena. Note speziate, mora di rovo, pepe nero, cacao e cenni di arancia amara. Tannino sempre sulla punta della lingua.

F. Lungo, avvolgente, fresco e delicatamente speziato, a dare un caldo arrivederci al prossimo sorso.

Giorno 3
Ore 19.00

N. Si snellisce ancora delle note scure, lasciando intravedere – specialmente roteando nel calice – note ematiche e di confettura di fragola, senza mai perdere in integrità né austerità. Il legno è ancora qui ma con declinazione più chiara, con cenni sparuti di funghi secchi e zafferano. Di insopprimibile piacevolezza, profondo ed elegante.

P. Sempre freschissimo, dal tannino smerigliato e composto, ventate fresche di frutta rossa, amarena, ciliegia e ribes, con l’arancia amara in scorza a fare capolino. Intenso, elegante, succoso e pulitissimo. Integrità.

F. Lungo e fresco, leggere spezie a fare da cornice alla frutta rossa fresca e scura, amarena, ciliegia e ancora quel tocco di ribes visto prima. Lunghezza, avvolgenza, piacere.

C. Un vino importante. L’evoluzione nel corso dei tre giorni è stata lieve ma costante, portando la freschezza del frutto a prevalere sulle durezze dell’affinamento in botte, affinamento che ha comunque trovato spazio e dato tridimensionalità, ordine, sicurezza all’inebriante croccantezza vivace del frutto. Una bottiglia conservata alla perfezione che può di certo durare altri venti anni, ma penso che sia arrivata all’equilibrio ottimale, dove nessuna componente prevale ma la sinfonia è virtuosa e armonica. Nella mia valutazione cerco di tenere conto dell’unico difetto riscontrabile, ma che credo si possa riferire alla selezione in vigna: l’ampiezza è importante ma non eccezionale e qui, nonostante il mio amore per la cantina, devo essere oggettivo.

IBT 95