SILVIO CARTA VERNACCIA DI ORISTANO RISERVA 2004

Abbandoniamo per un istante il mondo del vino per come lo possiamo concepire, ovvero il frutto che (bene o male) viene raccolto, pressato, fermentato e messo a riposare da qualche parte. Ora, aggiungiamo un elemento che di norma non va a nozze, ovvero l’ossigeno: l’ossidazione è nemica dei grandi vini, si dice, eppure qualche vino con questa caratteristica spiccata esiste. Un grande orgoglio italiano è la Vernaccia di Oristano: la storia di questo vino risale al 1300’ ma le origini paiono ancora più antiche. Silvio Carta si occupa di Vernaccia di Oristano dagli anni ‘50 e oggi, grazie a Elio, assaggio una versione giovane, soltanto del 2004: fantascienza per altri vini.

Dal comparto olfattivo unico e di difficile descrizione, tanto è differente da tutto il resto: le note ossidate sono marcate e rispondono alla noce, biscotti secchi alla cannella, marzapane e un filo di noce moscata, lasciando spazio anche a sensazioni esili di frutta secca. Mandorla in amaretto.

Minimo residui zuccherino e finemente deciso, su note scure di frutta secca e frutta con guscio, dalla sapidità evidente e in netto contrasto con la parte dolce, con note di limone e di noce. Spezie intense.

Molto prolungato, dallo strascico ossidato di noce, mandorla, tamarindo e spezie, in un continuo saliscendi.

Dare un voto a un vino del genere è impossibile, tantomeno un giudizio generale: un vino che punta su un difetto (l’ossidazione estrema) per creare un contrasto unico, difficile da spiegare a parole e concetti. Più un’esperienza che un vino, pellegrinaggio obbligatorio.

IBT 92