Il fenomeno della comunicazione digitale degli ultimi anni è legato alla figura dell’influencer, ovvero una persona o un gruppo di persone che trattano un determinato tema, ad esempio il nostro amato vino, e provano a dire il proprio parere su prodotti diversi, sponsorizzandoli o facendosi portavoce dell’azienda produttrice.
Ora, dire che un influencer possa spostare una decisione di acquisto è difficile: per quanto riguarda il vino sono pochissime persone a potersi arrogare un tale diritto, tra cui giornalisti famosi a livello mondiale come James Suckling e Antonio Galloni e altri. Il livello su cui lavorano gli influencer (tra cui il sottoscritto) è precedente nel processo di decisione d’acquisto: si parla di un determinato prodotto e si inizia a inserirlo nella mente di chi legge, che magari, più avanti, propenderà per quella determinata bottiglia piuttosto di un’altra di un competitor.
Da qui il dilemma: gli influencer servono? Fanno qualcosa di concreto? Ci si può fidare?
La risposta è tendenzialmente NO, eppure avere qualcuno che parli dei tuoi vini con cognizione di causa, efficacia, talento, passione a un pubblico di migliaia di follower può sicuramente darti qualcosa di positivo, sebbene a lungo termine. Bisogna però farsi le domande giuste per selezionare i referenti corretti della tua comunicazione. Riceverai decine di richieste a settimana di campioni da assaggiare: come fare a selezionare?
Per prima cosa chiediti: come questa persona è entrata in contatto con me? Si è lentamente interessata ai miei prodotti, li conosce già, oppure si è presentato con un comunicato stampa anonimo e generico pretendendo attenzione da parte tua? In sostanza, chi è? Come vi siete conosciuti?
Procedi poi all’analisi del profilo e rispondi alle seguenti domande:
- di chi prodotti si occupa? Il suo profilo è verticale sul vino o spazia in altri ambiti?
- qualità dei contenuti: come sono le foto? Il testo è scritto in italiano corrente e corretto?
- da quanto tempo parla di vino? Da ieri o da tre anni?
- quanti follower ha? Da dove vengono? Scorrendo la lunga lista, ci sono molti nomi stranieri, magari del Sud-Est asiatico? Non è razzismo, ma quelli sono follower comprati…e ti servono dei follower acquistati un tanto al chilo?
- chi commenta i post?
- l’influencer risponde ai commenti? Come sono le sue risposte? Sono coerenti con ciò che è scritto nel post? Il tono è adeguato?
- considera l’insieme di fotografie: sono produttori al fianco dei quali puoi fare bella figura? O sono distanti anni luce dalla tua fascia di prodotti?
- torna a leggere il testo: potrebbe derivare direttamente da un comunicato stampa o, come fanno tanti, un copia/incolla dal sito del produttore? Verifica: copia il testo di un post e incollalo su Google, oppure verifica sul sito del produttore. Troverai tante sorprese, anche da insospettabili.
- e le fotografie? Sono di buona qualità? Hanno uno standard comune? Sono copiate da foto istituzionali? Al centro della foto c’è il vino o c’è il personaggio influencer?
- dal profilo si capisce che la persona è appassionata di vino o lo fa solo per moda? Fa visite in cantina? Segue corsi di qualsiasi genere?
- quante “marchette” fa? Tutte le fotografie sono da produttori che vengono ringraziati profusamente, o c’è anche una percentuale di vini acquistati con il proprio portafoglio?
- globalmente, pensi che il profilo che stai guardando sia coerente con il tuo obiettivo di comunicazione? Le foto che vedi potrebbero essere accostate al tuo vino? Oppure stridono, per qualche motivo?
Finito questo screening iniziale, sta a te decidere se fidarti o meno: il coinvolgimento dell’influencer difficilmente alzerà il tuo fatturato, ma di sicuro potrà darti una mano per farti conoscere anche da altri appassionati. Sempre che il profilo dell’influencer sia autentico e non costruito con qualche artificio, bensì con coerenza, passione, impegno e costanza.
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